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giovedì 27 agosto 2015

La storia degli strategici in tempo reale (RTS). In principio ci furono i turni: il caso Civilization

Mi sento come davanti a una catena montuosa talmente alta e imponente da togliere il fiato: iniziare anche solo a pensare di parlare di un genere complesso e longevo come i Real Time Strategy (RTS, d'ora in poi e come vengono chiamati di solito) fa sorgere una domanda essenziale direi: da dove comincio?
E' un pò come scrivere sull'amore: inizio parlando del Bacio di Klimt? o del poeticissimo volo di accoppiamento di certe specie di uccelli? oppure mi butto nelle spiegazioni scientifiche, o in quelle filosofiche, oppure in quello che succede nel cervello quando siamo innamorati?

Data la vastità della tematica - e per evitare post lunghissimi come al solito - tratterò l'argomento in vari episodi, ognuno dei quali si occuperà di un aspetto o un gioco specifico. 

Forse, è meglio partire dal principio, perchè come dice Mao, "anche la più lunga delle marce inizia con un passo".

No, non QUESTO Mao (al secolo Marco Gurlino, cantante, DJ e VJ della storica Mtv anni 90-2000, oltre che portiere d'albergo nello spassoso - e strambo - film di Marco Ponti A/R Andata + Ritorno)

Come è evidente dal nome, negli RTS il ritmo di gioco è continuo e senza interruzioni (real time), e la componente strategica è la più importante e preponderante (strategy). Per meglio capire questa stringata definizione,  è necessario voltarsi un attimo indietro,e tornare alla metà degli anni '80, periodo in cui si stavano progressivamente definendo i generi dei videogiochi che conosciamo e apprezziamo oggi.

Oggi, nel 2015, non c'è più niente da "definire", i generi sono stati codificati, e sebbene non siano mancate nel recente passato le innovazioni che hanno segnato la storia dei videogiochi (penso al gameplay in terza persona alla Gears Of War, o ancora prima alla narrazione fluida e coinvolgente alla Half-Life), non si può ormai più parlare di "invenzione" di un genere, o di una cesura così netta con il passato da dovere addirittura coniare un nuovo termine per definire un tipo di gameplay.

La grande innovazione degli RTS è stata innanzitutto quella di abbandonare un gameplay a turni in favore di uno "live" potremmo dire, ovvero che si svolgeva sotto gli occhi dell'utente, senza interruzioni forzate. 


Se i cosiddetti TBS (Turn-Based Strategy) erano l'evoluzione dei classici "giochi da tavolo" che tutti conosciamo, i RTS nacquero come qualcosa di totalmente nuovo: era un prodotto che sfruttava le enormi potenzialità dei videogiochi non limitandosi a riproporre vecchi modelli, ma inventando un genere che prima non esisteva.
Questa è stata la vera rivoluzione dei RTS: la semplice intuizione di stravolgere il ritmo di gioco ha dato inizio a un nuovo genere di videogiochi, dal successo immediato e duraturo: ancora oggi infatti i RTS sono tra i più apprezzati prodotti di intrattenimento per Personal Computer.

Molti riconosceranno questo screenshots del leggendario Civilization.
Parlando di strategici a turni, non si può non citare il capolavoro assoluto del genere, Civilization, pubblicato nel 1991 per praticamente qualsiasi piattaforma, ideato e prodotto da quel geniaccio Sid Meier, una delle personalità più influenti della storia dei videogiochi. Fu fondatore della MicroProse prima e della Firaxis dopo, e il suo nome è indissolubilmente legato alla florida serie di Civilization, continuata fino al 2010 con il quinto episodio.

Civilization rappresenta in modo limpido il legame indissolubile tra le prime generazioni di videogiochi e i giochi da tavolo; alla fine dei conti infatti, Civilization è un gioco da tavolo: cambia il mezzo, ma non cambiano i concetti, siamo sempre di fronte a un tabellone (un monitor) con delle pedine (delle icone), dobbiamo combattere, conquistare, gestire, con regole ben precise e delle tempistiche ferree: prima tocca a noi, poi all'avversario, sia esso il computer oppure un altro giocatore.

Nell'immagine sopra, il gioco da tavolo Civilization (1980)
Lo stesso Sid Meier ha ammesso di avere "preso in prestito" molte idee dal gioco da tavolo omonimo, pubblicato nel 1980 nel Regno Unito e un anno dopo in America; sicuramente una di queste idee è stata quella dell' "albero delle tecnologie" (tech tree), immediatamente implementato in numerosi altri giochi da tavolo e videogiochi.

Per "albero delle tecnologie" si intende un diagramma ad albero che rappresenta tutte i possibili miglioramenti e scoperte che si possono intraprendere in termini di ricerca e sviluppo durante lo svolgimento del gioco. La struttura stessa del diagramma, che permette una scelta multipla sempre maggiore, da un lato da al giocatore un notevole potere decisionale, dall'altro permette una varietà a livello dello sviluppo del gioco

Il Tech Tree del gioco da tavolo Civilization, sostanzialmente identico - anche nella nomenclatura -  a quello che si vedrà una decina di anni gioco nel capolavoro di Sid Meier. 
In questo "albero delle tecnologie" gli snodi più importanti (nell'immagine sopra, in verde) erano le cosiddette "meraviglie", ovvero particolari edifici, istituzioni e scoperte che, una volte realizzate davano un enorme vantaggio al giocatore.
Sono proprio queste meraviglie che danno l'idea di quanto lungimirante, universale e "olistica" sia stata la visione dei creatori di questo gioco da tavolo, che in modo squisitamente arbitrario hanno deciso di scegliere nella storia dell'umanità e dell'intero scibile umano una manciata di momenti chiave, traducendone l'importanza - passata, presente e futura - in vantaggi visibili e perfettamente coerenti con il meccanismo di gioco.
Le "meraviglie" erano obiettivi unici e impegnativi da raggiungere, che richiedevano un numero enorme di risorse e di tempo per essere completate, quindi altissimo era anche il loro valore simbolico oltre che tattico.

La scatola origina del gioco da tavola Civilization

L'ambiente di gioco era un tabellone rappresentante il Mar Mediterraneo, diviso in varie regioni, un pò alla Risiko! per intenderci; ogni giocatore aveva a disposizione un gettone popolazione (esattamente come nel videogioco iniziamo con un solo colone) da piazzare in una specifica casella; procedendo con i turni, il numero di "token" aumentavano esponenzialmente, permettendo di piazzarli nelle varie regioni e "convertirli" in città.
Con la creazione di queste ultime, i giocatori potevano pescare un numero corrispondente di carte "materiali" (Ferro, sale, vestiti, papiro, ocra..), le quali a loro volta servivano ad "acquistare" quelle relative ai progressi delle civiltà, come la ruota, l'astronomia, o - appunto - le meraviglie.
Lo scopo del gioco era quello di arrivare per primi alla tarda età del ferro, cosa possibile accumulando carte progresso civiltà (quello che diventerà la "ricerca" nel videogioco) e percorrendo quella che era chiamata la "AST" ovvero Archeological Succession Table, cioè un percorso sul tabellone che idealmente abbracciava la storia dell'umanità dall' 8000 A.C. al 250 D.C, una sorta di fantasioso segnapunti.
Civilization si differenziava dalla maggior parte dei giochi da tavolo perchè non era incentrato sulla guerra e sul combattimento (elementi comunque presenti e inevitabili), quando piuttosto sull'esplorazione, sull'espansione e sulla collaborazione tra i giocatori; in effetti, il regolamento invitava a prendere presto decisioni su come risolvere i conflitti, per vie militari, diplomatiche oppure sfuggendo regolarmente al confronto sviluppando al massimo la propria civiltà.

Si dice che durante lo sviluppo di Civilization per MS DOS, Sid Meier abbia ammesso di avere giocato spesso all'omonimo gioco da tavolo, tanto da decidere di pagare i diritti alla Avalon Hill, che aveva pubblicato il board game negli Stati Uniti.

Eccolo il faccione di Sid Meier, /inchino/ per averci donato Civilization.
Civilization per PC è a tutti gli effetti una perfetta trasposizione del gioco da tavolo pubblicato anni prima,  prodotto che il buon Sid evidentemente conosceva molto bene: la cosa curiosa era che non era stato l'unico ad amare quel modo di re-interpretare la storia dell'umanità, e non fu l'unico nemmeno ad avere l'idea di farne un videogioco.

Infatti furono altri due i programmatori che si cimentarono prima di Meier nell'impresa, anche se solo quest'ultimo riuscì a portarla a termine con successo; sto parlando di Danielle Bunten Berry e di Don Daglow: forse i nomi non vi diranno niente, ma dobbiamo ringraziare questi due Game Designer se oggi i concetti di "multiplayer" e di "city builder" sono entrati nel lessico comune dei videogiocatori.

Danielle Bunton Berry, nata Daniel Paul Bunton, prima di cambiare sesso nel 1992 dopo tre matrimoni falliti alle spalle, nel 1983 ha sviluppato per la Electronic Arts M.U.L.E., uno di quei giochi troppo innovativi e troppo in anticipo sui tempi per essere compresi e apprezzati;
si trattava infatti di un simulatore macroeconomico ambientato su un pianeta inospitale (chiamato Irata, ovvero Atari letto al contrario.. che burlone) e minacciato da mostri e calamità, abitato da quattro razze impersonate dai quattro giocatori che potevano sfidarsi contemporaneamente: M.U.L.E. è infatti considerato uno dei primi esempi di multiplayer nella storia dei videogiochi.
Inoltre, i quattro giocatori non dovevano solo fronteggiarsi cercando di accumulare il maggior numero di risorse, ma era anche necessario collaborare per commerciale i materiali in eccedenza, e per sopravvivere ai vari imprevisti del pianeta.


Nelle due immagini, Danielle Bunton Berry (purtroppo mancata nel 1998 a soli 49 anni) e il suo rivoluzionario e incompreso M.U.L.E.
M.U.L.E. Vendette solamente 30 mila copie e fu un insuccesso commerciale, anche se venne elogiato da critici e dai giocatori, che seppero notare in quello stilizzato reticolo colorato elementi innovativi e che presto sarebbero stati codificati nel genere ancora embrionale degli strategici in tempo reale o in quelli a turni;
mai si era visto infatti prima di M.U.L.E. una gestione macroeconomica così coerente e complessa delle risorse, uno schema di gioco innovativo e intrigante, e soprattutto un'impostazione che molti, molti anni dopo si sarebbe chiamata "multiplayer".
Insomma, se oggi i ragazzini passano giorni a inseguirsi online a Call of Duty, lo dobbiamo a quest'uomo diventato donna che agli inizi degli anni '80 era già vent'anni avanti.

L'altro programmatore che si interessò a una trasposizione videoludica di Civilization fu Dan Daglow, famoso soprattutto per Utopia, pubblicato da Mattel nel 1981 e ritenuto uno dei primi esempi di "City Building Games", ovvero giochi in cui l'obiettivo è costruire e governare città, comunità o nazioni con risorse limitate.

Utopia metteva i due giocatori nei panni di "governatori" di altrettante isole, che dovevano essere gestite al meglio nell'arco dei turni disponibili (massimo 15) e nei pochi secondi di tempo per ogni turno (massimo 60 secondi). Ciò avveniva spostando un rettangolo colorato sullo schermo, e spendendo lingotti d'oro per costruire case, ospedali, scuole, fabbriche, oppure spostando le barche da pesca verso i banchi di pesci per sfamare la popolazione.

Procedendo con il gioco, con l'aumentare degli abitanti era necessario costruire altri edifici e pescare ulteriori pesci, stando attenti a navi pirata, tempeste e tornado, tutti eventi generati casualmente da un algoritmo matematico piuttosto complesso.


Nelle due immagini, il programmatore Don Daglow e il suo innovativo Utopia

Sia Danielle Bunton Berry che Don Daglow - oltre a inventare qualcosa che prima non c'era - evidentemente avevano in comune l'interesse per un tipo di giochi in cui la pianificazione e la strategia era preponderante rispetto all'azione pura, in netta controtendenza con gli altri videogiochi dei primi anni '80.
Non stupisce quindi che entrambi abbiano cercato di portare il gioco da tavolo Civilization sui monitor dei primi personal computer e delle preistoriche console dell'epoca: come detto però, per motivi diversi lasciarono perdere il progetto, che fu portato a termine un decennio dopo da Sid Meier.

Facciamo un salto di nuovo al 1991 e torniamo a Civilization: per la prima volta nella storia dei videogiochi era possibile essere l'unico artefice dei destini di una nazione e di una civiltà. Per la prima volta avevamo la possibilità di ripercorrere gli snodi fondamentali dell'evoluzione umana, con le sue vette e i suoi abissi, con le sue magnificenze e i suoi orrori.

Eravamo al tempo stesso testimoni e protagonisti della scoperta della ruota, delle prime navigazioni in oceani sconosciuti, e dei massacri di popolazioni indigene per la prima volta a contatto con soldati muniti di armi da fuoco.
Eravamo esploratori indomiti, coloni e primi cittadini di neonate capitali, condottieri a cavallo e spietati dittatori.
Potevamo scegliere di costruire il colosso di Rodi, cercare civiltà aliene col programma SETI, perderci nella magnificenza della cattedrale di Bach e conoscere le sette meraviglie dell'antichità.
Noi eravamo padroni e sovrani di un popolo, e potevamo condurlo in mille battaglie o verso le lontanissime stelle, verso Alfa Centauri; potevamo essere ricordati come dei sovrani illuminati o dei pavidi sottomessi alle potenze mondiali.
E potevamo vedere missili volare, bombardieri stealth ed esplosioni atomiche fare terra bruciata della nostra florida nazione, dopo che nella stessa - interminabile e magnifica partita - eravamo stati i primi a scoprire il ferro e la ferrovia, e il nostro faro di Alessandria guidava l'umanità tutta verso secoli di pace.

E ogni volta eravamo Federico il Grande o Napoleone, Montezuma o Ghandi, la Regina Elisabetta o Abramo Lincoln, o ancora Hammurabi o Stalin, e non c'era niente che non potessimo fare, era davvero un gioco illimitato, infinito, mastodontico, colossale, immersivo e indimenticabile.

Quando si giocava a Civilization, il tempo si dilatava e passavano ore e pomeriggi interi davanti al computer, magari in compagnia di un amico, magari in torride giornate estive trascorse a inseguire Alfa Centauri.

concludiamo con una curiosità: non trovate che il consigliere scientifico di Civilization 3 assomigli a qualcuno???  


Alla prossima




1 commento:

  1. Maronna eccezzziunale, eccezzziunale, eccezzziunale veramente. Ma quanto caz scrivi ci metto 7-8 lustri a leggere stu mar ionio di robbbaaa. Dravo dravo.
    Niente sagra delle melanzzzaaanee occi???

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