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mercoledì 10 dicembre 2014

Videocinematografo puntata 1: Back to The Future 3

Inizio oggi una nuova rubrica, giusto per alleggerire il tono dopo il doppio mappazzone dei mie due precedenti post.. anzi prometto che cercherò di limitare il mio sproloquio.

Luna di Meliés: "un altro gioco tratto da un film?? ancora??"
Interlocutore immaginario "eh si, non ce ne sono mai abbastanza"
Luna di Meliés: "credevo che dopo Aliens: Colonial Marines ci avessero finalmente rinunciato"
Come si intuisce dal titolo, si parla di film, più precisamente si parla di giochi tratti da film. Tasto dolente, lo so: la storia dei videogiochi è piena di autentici obbrobri che biecamente cercando di sfruttare il successo commerciale in sala sfornano prodotti - a volere essere generosi - mediocri, sprecando licenze ufficiali e illudendo i fan di potere rivivere a casa propria le storie che hanno amato nel buio del cinematografo, come si diceva una volta.

La questione non riguarda solo i videogiochi, ma in generale tutti i cosiddetti "Tie-In", ovvero l'insieme dei prodotti commerciali di intrattenimento (giochi in scatola, videogiochi, libri, fumetti, merchandising vario) tratti da un'altra opera di natura diversa (ad esempio un film di successo, o un personaggio famoso) e che ne sfruttano i diritti d'autore legalmente concessi (e pagati profumatamente).
Lo scopo dei Tie-In è unicamente generare profitti, curando poco o nulla la qualità del prodotto finale, che serve solo a fare arricchire il detentore del marchio, che sia un'opera finita, una persona fisica o un'azienda.

Anche Krusty approverebbe senza ombra di dubbio Aliens: Colonial Marines!


I prodotti "a marchio Krusty" dei Simpson sono un chiaro esempio, ironicamente spietato, dello sfruttamento di un personaggio famoso a fini commerciali, in un deleterio e deplorevole menefreghismo per la qualità finale del prodotto: i bambolotti del clown prendono fuoco da soli, gli orologi a cucù hanno le molle rotte e perdono pezzi, i cereali marchio Krusty contegono frammenti appuntiti di ferro, e cosi via.

Oh no, sto di nuovo divagando, meglio tornare ai videogiochi.

I film tratti dai videogiochi sono molto costosi per le software house, come detto le licenze per utilizzare ambientazioni, colonne sonore e personaggi dissanguano le case produttrici, che devono anche sottostare ai dettami delle case di produzione cinematografiche. Inoltre le tempistiche sono molto strette perchè spesso il film e il videogioco vengono prodotti contemporaneamente, e quest'ultimo deve essere finito entro l'uscita della pellicola, essendo un mero mezzo promozionale. 

Il fenomeno non è per nulla recente, infatti il primo e più clamoroso caso di fallimento commerciale di un videogioco tratto da un film è "E.T. The Extraterrestrial", sviluppato da Atari (si, proprio da Atari..) nel lontanissimo 1982.

La copertina di E.T. The Extraterrestrial, sicuramente la cosa più bella del videogioco è stata la scatola.
Il caso di E.T. è emblematico e spesso viene preso a modello di tutto quello che NON si deve fare quando si programma un gioco tratto da un film di successo. In questa rubrica che nasce oggi del "Videocinematografo" non parlerò di giochi così ingiocabili e vergognosi come quello della foto sopra, ma semplicemente parlerò di giochi brutti, programmati AD MINCHIAM come direbbe questo signore qui:

Il grande Franco Scoglio, ci mancano personaggi cosi, ci manca sentire frasi del genere:
"quando parlo voglio essere ascoltato con attenzione, perchè ormai c'è l'abitudine a fare troppi discorsi ad minchiam".  Quando se n'è andato, già 9 anni fa, a Genova c'erano più di  10.000 persone al suo funerale
Bene, allora voglio essere chiaro con voi: adesso parlerò di E.T.

Volevo saltare direttamente a Ritorno al futuro 3 come dal titolo, ma non ce la faccio, davvero non ce la faccio a non parlare di quella immondizia interplanetaria di E.T., quindi al massimo fate un pò di scroll - detto così è un pò equivoco, forse meglio dire "scorrete in basso" e saltate direttamente alla storia di Marty McFly tra li indiani e i cowboy.

E.T. il videogioco sarebbe dovuto essere un grande successo commerciale, in grado di fare arricchire sia la Atari che la Universal Picture di Holliwood. 
Appena dopo l'uscita del film in America, nel giugno del 1982, La Atari prese subito contatto con Steven Spielberg e la Universal per negoziare l'acquisizione dei diritti d'autore per produrre un "innovativo" gioco basato sul film. Appena un mese dopo, per la modica cifra di circa 25 MILIONI di dollari (stiamo parlando del 1982) la Atari si assicurò i diritti, ma c'era una "piccolissima" clausola: Steven Spielberg pretese nel contratto che il gioco dovesse essere pronto per il primo settembre 1982, in modo da arrivare in tempo per la stagione natalizia.

La prima reazione di Howard Warshaw alla "piccolissima" clausola imposta da Steven Spielberg

I conti sono presto fatti, il gioco doveva essere programmato da zero e completato in meno di SEI settimane, e poco importa che il game designer Howard Warshaw ci avesse messo un anno a programmare il gioco Yars' Revenge e sei mesi per Raider of The Lost Ark, del resto "pecunia non olet".

Ma in cosa consisteva questo giochillo? il gameplay era piuttosto allineato ai giochi dell'epoca, e lo stesso si può dire dell'impianto tecnico, anzi no, quello faceva davvero schifo, ed era molto molto peggio di quello che girava nel 1982.

E.T. era un'avventura di stampo classico con visuale a volo d'uccello, in cui il giocatore controllava ovviamente il brutto ma tenero (non per me, io ho sempre odiato ET e mi ha sempre fatto paura, quasi peggio dei bozzolosi alieni di Cocoon, mamma mia) extraterreste alla ricerca dei pezzi del suo famoso "telefono" per chiamare casa e completare il gioco.


La prima sensazione che comunica un'immagine di questo tipo è una sconfinata tristezza, non viene nemmeno voglia di provare a "giocare", se così si può dire. I colori smorti, le forme approssimative, addirittura gli sprite e i caratteri trasudano desolazione, non c'è niente di attrattivo in E.T., non c'è nessuno stimolo, nessuna concreta motivazione ad andare avanti tra i livelli.

Giusto per rendere il  gioco ancora più fastidioso, questo capolavoro di Atari era inutilmente complicato e arzigogolato, quasi avessero ficcato dentro il gameplay quante più cose possibili per coprire la pochezza del sistema di gioco: l'alieno che non sembra nemmeno un alieno ma un apribottiglie deve cercare nelle buche (??) i famosi pezzi dello smartphone interstellare; ci sono decine e decine di buche, quasi tutte vuote eccetto quelle dove troviamo le famosissime caramelle Reese's Pieces, famosissime appunto perchè presenti nel film anche se nel gioco non c'entrano una mazzancolla:

Ecco le Reese's Pieces, una specie di M&Ms più tristi
E cosa c'è più divertente di guidare un alieno in delle buche cercando delle caramelle?  Qualsiasi cosa credo, anche mangiare gusci delle noci scartando i gherigli.
L'altra immaginetta indefinita nello screenshot sopra è l'altro protagonista del film, il ragazzino Eliott, che appare una volta che abbiamo 9 caramelle, che possiamo scambiare con un pezzo di telefono. 
Altri umani presenti sono gli scienziati che cercano l'alieno per portarlo in un altro schermo, e gli agenti dell'FBI che vogliono rubargli i pezzi di telefono, o in alternativa le caramelle.
Quindi sembra che tutto il mondo di E.T. giri intorno a queste benedette caramelle, le vogliono tutti ma si trovano anche nelle tasche dei ragazzini o in delle buche del terreno.

Ecco, questo è il livello di... Washington. No, non scherzo.

Giusto per complicare le cose, quel numero scritto enorme e con un carattere talmente orrendo che non si usa nemmeno nelle svegliette digitali indica l'energia vitale del protagonista, che (giustamente, sia mai) diminuisce semplicemente spostandosi, o calandosi in una buca, o uscendone, perchè no. E per recuperarla cosa si deve fare? ovviamente mangiare delle M&Ms tristi, ecco perchè le vogliono anche quelli dell' FBI.

Una volta raccolti i tre pezzi del telefono, potremo chiamare l'astronave madre, che dovremo raggiungere entro un limite di tempo piuttosto ristretto. Se ce la facciamo il gioco ricomincia da capo, cambiano solo le posizioni delle caramelle e dei pezzi del telefono.

Qui servono delle spiegazioni: non siamo davanti a un bug o a un livello mal caricato: questa è la prima schermata che vedremo iniziando E.T. : una foresta (!!) e in viola l'astronave (!!) che sembra un casa diseganta da un bambino di prima elementare.. no comment, roba da spegnere subito la console
Le aspettative su E.T erano altissime, e il videogioco divenne IL regalo di Natale dell'anno 1982, convincendo anche il New York Times a pensare che i videogiochi tratti da film di successo  - in particolare E.T. - sarebbero stati da quel momento in poi una enorme fonte di guadagno.

I negozi ordinarono un numero impressionante di copie, e il videogioco almeno all'inizio ottenne un buon successo di vendita: vennero acquistate circa 1 milione e mezzo di cartucce, ma il problema furono quelle rimaste invendute, circa 3 milioni, una proporzione mortifera anche per una software house solida come Atari. Dopo il boom natalizio infatti fu chiaro che il gioco era pessimo, mal sviluppato, raffazzonato in fretta e furia, senza il minimo rispetto per il consumatore finale: per cercare di smaltire le copie invendute, i negozianti abbassarono il prezzo dal listino di $ 49.95 a meno di $ 1, ma ciò nonostante E.T. era talmente brutto che nessuno voleva nemmeno provare a giocarci.

Le copie alla fine vennero rispedite indietro a Atari, assieme a tutto il merchandising invenduto, che da macchina da soldi si era trasformato in immondizia senza valore: le perdite per la software house furono enormi, circa 100 MILIONI di dollari, una cifra che nemmeno un colosso poteva ammortizzare, infatti fu proprio dal 1983 che iniziò il declino: è opinione comune infatti che fu proprio l'insuccesso commerciale di E.T. a decretare la fine della software house newyorchese, nonchè l'inizio della crisi dell'intera industria videoludica a inizio anni '80.

Quando uso la parola "immondizia" non lo faccio a caso: sono sempre circolate voci in merito a un presunto smaltimento delle cartucce invendute da parte di Atari, voci che parlavano di un sotterramento delle stesse nel deserto del New Mexico, voci che sapevano tanto di leggenda metropolitana. Invece era tutto vero: il 26 aprile 2014 infatti sono state ritrovate migliaia di cartucce di E.T. (assieme ad altre) sottoterra, rimaste li a marcire dal 1983: decisamente una vicenda alla Douglas Adams.

E.T. era in definitiva un giochino noioso in cui si passava la maggior parte del tempo a entrare e uscire da buche nel terreno, un informe ammasso di colori deprimenti che nulla aveva a che fare con il film, troppo difficile e arzigogolato e senza una fine vera e propria, a patto di giocarci per più di un paio di minuti, cosa che avvenne raramente. 

Quindi questa è la storia di E.T., un insuccesso commerciale senza precedenti, dettato da una eccessiva sicurezza nei propri mezzi, una mancanza di rispetto verso il consumatore finale e un esempio su come NON fare videogiochi.

Sono passati tanti anni ma non è che le cose siano cambiate più di tanto, e sebbene non siano mai più state raggiunte le vette artistiche di E.T., il rapporto tra cinema e videogiochi rimane conflittuale, perche si tratta sempre e comunque di prodotti che non hanno il fine di intrattenere il pubblico, ma di generale introiti ponendosi al servizio di una pellicola, spesso un blockbuster ad alto budget.

La cosa è ancora più grave quando viene sfruttata l'onda lunga di un grande successo cinematografico per sfornare un prodotto pessimo come questa schifezza, un'operazione commerciale senza senso che ha solo saputo prendere per il culo i fan di Alien: non è che basta mettere un rilevatore di movimento e il fucile a pompa di Hicks per conquistare i fan. PER FORTUNA è uscito Alien: Isolation, che ha reso giustizia alla saga capolavoro e che ha dimostrato quanto l'accoppiata Gearbox + SEGA valga proprio.. una sega.
E così, dopo questo ampio ma necessario preambolo, torniamo all'argomento del post, anzi facciamo che tornare al titolo, ovvero Back to The Future 3, Ritorno al futuro 3, gioco multipiattaforma (per spremere al massimo gli utenti e ricavarci il più possibile) pubblicato nel 1991 per Amiga, Amstrad, Atari ST, Commodore 64, DOS, Sega Master System, ZX Spectrum e Sega Mega Drive, la versione di cui parlerò e che custodisco assieme a tutte le altre cartucce in una grossa scatola in cantina.

Forse inutile da dire, ma il gioco poteva contare sulla licenza ufficiale del film. Questo screenshot non è stato scurito ad arte per chissà quale effetto di drammatizzazione (non ce n'è bisogno, credetemi), ma le immagini erano proprio così solo su Sega Mega Drive; infatti c'era un bug piuttosto grossolano nella gestione della palette dei colori, con la conseguenza che circa un terzo delle tonalità sono state perse: tutto è più scuro e molto meno definito di come dovrebbe essere, e i paragoni cromatici con le altre versioni sono imbarazzanti.
Ritorno al futuro è stata una trilogia molto apprezzata, uin'icona della filmografia anni ottanta e un vero e proprio cult che non muore col tempo, anzi si rinforza: le avventure di Marty McFly e del Dottor Emmett Brown  sono ancora attuali e gradevolissime da vedere, ed è un imperativo morale avere visto almeno una volta nella vita tutti e tre i film. Poi c'è chi come il sottoscritto che conosce a memoria le battute, e che sbava dietro ai modellini della De Lorean, ma questo è un altro discorso.

Ero troppo piccolo per vedere al cinema il primo film (1985) ma gli altri due li ho visti per fortuna, e non appena ho scoperto che per il mio amato Mega Drive era uscito addirittura un videogioco del terzo film, è entrato in cima alla mia lista dei desideri, e a 10 anni te ne frega poco di gameplay, grafica, e cose simili, quindi per me era un gioco bellissimo, punto.

In realtà Back to The Future part III non era un videogioco vero e proprio, ma un collage di mini-giochi uno diverso dall'altro, ma tutti e 4 decisamente mediocri. In sostanza, i "livelli" erano solo quattro - ognuno rappresentava un momento topico del film - , di una difficoltà frustrante e non giustificata, preceduti da orribili schermate che presentavano  la situazione, con versione digitalizzate malissimo dei protagonisti del film, tipo una cosa orrenda del genere:

Ecco appunto, Emmet Brown non sembra nemmeno lui, spaventa solo a guardarlo con quegli occhi enormi e stralunati. Marty invece sembra che abbia ottant'anni e una bocca grossa come una buca delle lettere.

Il primo livello era ispirato al salvataggio della maestra Clara Clayton: impersoniamo Emmett Brown in un inseguimento a cavallo, come in un classico shooter a scorrimento orizzontale dovremo evitare ostacoli, banditi, uccelli, casse di legno, rocce rotolanti, ceste, crepacci, tronchi, elefanti, palle da bowling (no, questi ultimi due no, in realtà), insomma un fracasso di cose che si frapporranno tra noi e la maestrina. Per superare questo sadico inseguimento ci volevano ore e ore di tentativi, bisognava memorizzare la posizione di ogni ostacolo, prevedere ogni bandito, avere una tempistica perfetta nei salti e nelle schivate, insomma ci voleva molta molta pazienza.

Ecco Emmett Brown all'inseguimento sul suo cavallo volante e fantasma - dato che non ha ombra. Giusto per metterci una cosa tratta dal film, abbiamo pure l'orologio della torre di Hill Valley in basso a destra

La frustrazione e lo sfinimento premiavano i giocatori con un secondo fantastico livello, che era un banalissimo tiro a segno, prendendo spunto dalla scena del film in cui Marty riceve da un rappresentate delle pistole Colt una "mettipace" (si, proprio così, il doppiaggio italiano ha deciso di cambiare l'originale "peacemaker" in "mettipace", dimostrando di capire poco di quello di cui si parlava, cioè un modello di pistola Colt ad azione singola dal nome peacemaker. Come doppiare "Luis Armstrong" con "Luis Fortebraccio". Velo pietoso) da provare in una specie di tiro al piattello da luna park.

Tanto era difficile il primo livello quanto era banale il secondo: bastava sparare a tutto ciò che si muoveva: banditi che apparivano in strada o alle finestre, sagome verdi probabilmente da non colpire, paperelle che a ripetizione attraversavano lo schermo (ma chissà dove vanno le paperelle quando si ghiacciano gli stagni), cormorani attaccati con dei bastoni a una rotaia che una volta colpiti drammaticamente e mestamente cadevano stecchiti, orsacchiotti, sveglie, fino alla fine del tempo previsto, fine.

Immagine del secondo livello, con l'armata di papere e il cormorano robot in alto. La foto è artificialmente schiarita, in quanto presa dalla versione Mega Drive, che aveva SERI problemi cromatici
Altro giro, altro regalo, arriviamo al livello 3, una sorta di sparatutto in isometria con al posto delle pallottole dei piatti di alluminio; sembra una barzelletta ma non lo è, evidentemente i programmatori devono avere preso qualcosa di veramente forte per creare da zero un livello partendo da un rapidissimo sketch nel film:
il fatto che Marty disarmi Biff "Cane Pazzo" Tannen con un piattino da torta lanciandolo come un frisbee non vi autorizza a creare una INTERA BATTAGLIA a base di piatti di carta stagnola!

Ecco l'intro del livello 3, sempre schiarita, con un microcefalo Marty McFly, una cuoca che starebbe bene nelle storie della signora Fletcher e un'insegna del saloon che pare quella di un bordello; notate anche l'entità inquietante nella penombra del saloon, che ricorda il bambino fantasma di "tre scapoli e un bebè".
Altre curiosità in ordine sparso:
i banditi muoiono e scompaiono appena sfiorati da un piatto sporco di alluminio, ma Marty McFly può resistere a decine di proiettili;
non serve mirare ma lanciare i piatti all'impazzata, decidono loro a che altezza colpire, altro che le bombe intelligenti di daboliù Bush;
anche nel terzo livello ci sono le paperelle, con mamma papera e piccoline al seguito, ma sono intoccabili, evidentemente i game designer devono avere qualche strana passione per questi palmipedi;

Ho interrotto le curiosità per far vedere le paperelle, ecco, la cosa più divertente del livello, o forse del gioco

i banditi non mirano a Marty ma sparano sempre nella direzione verso cui guardano, un pò come i rinvii di Mexes;
Anche se prendiamo cinquecento piatti da tirare, la pila sul bancone rimarrà sempre alta uguale;
Biff "Cane Pazzo" Tannen esce alla fine del livello, e si muove esattamente come gli alieni di Space Invaders. Peccato siano passati tredici anni. Animazioni? cosa sono le animazioni??

Dopo un livello creato ad minchiam, l'ultimo quadro è tratto direttamente dalle scene finali di Ritorno al futuro III, quando Marty e Doc intendono spingere la DeLorean con un treno lanciato a folle velocità: saremo nuovamente nei panni di Marty, che dovrà percorrere i tetti dei vagoni del convoglio del treno delle scene iniziali di "Indiana Jones e l'ultima crociata" evitando pericolosissimi pali della luce e sparando agli onnipresenti banditi, o almeno a quelli non sopravvissuti al terribile e devastante attacco dei piatti di alluminio sporchi di torta.

Ecco Marty correre con le ginocchia piegate su vagoni di un treno Playmobil
Ma non ci sono solo gli innumerevoli banditi con bandane color visitors, ma anche cose un pò strane, come una specie di mostro di fumo nero di Lost che cambierà colore ogni volta che Marty raccoglierà un bussolotto per alimentare la locomotiva, balle di fieno che rimbalzano come in un flipper, e degli originalissimi sbuffi di vapore una volta arrivati alla locomotiva.

E poi basta insomma, una volta raggiunta la DeLorean il gioco si chiude con una stringata citazione del film e un'immagine statica - graficamente pessima - della mitica fuoriserie in acciaio inossidabile che si lascia dietro le iconiche strisce di fuoco.

Come giudicare quindi Back to The Future III?

con i miei 33 anni male indubbiamente, una serie di brevissimi e frustranti mini-giochi slegati l'uno dall'altro e senza legame con il film, debolmente accennato con orrende immagini statiche tra un livello e l'altro; un banale trial & error dalla grafica pessima anche per l'epoca, una colonna sonora cacofonica, un gioco che nemmeno doveva essere commercializzato, un passatempo che si poteva finire in dieci minuti una volta memorizzati gli ostacoli del primo livello, sempre se il pad era ancora intatto e non sfasciato dalla rabbia.

Con i miei 11 anni di allora beh, era un gioco fantastico, potevo essere Marty, addirittura Doc, prendere a piatti in faccia Beef Tannen, cavalcare nel deserto, salire sulla DeLorean e anche sul volopattino, fare tiro a segno nel West, insomma potevo rivivere a casa i momenti più belli del film, mica roba da poco.

E chissenefrega di tutto il resto, io a guardare queste foto mi emoziono, e quando giocavo a saltare i treni colorati con Marty ero felice, e questo mi basta.

Alla prossima puntata di Videocinematografo, dove sarò più breve. forse. spero di si.

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