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giovedì 11 dicembre 2014

Un gioco, un perchè: DeCap Attack

Mi sento in vena di iniziare nuove rubriche quindi anche oggi abbiamo una new entry, che ho deciso di chiamare "Un gioco, un perchè" parafrasando la rubrica (lo so, mi ripeto ma davvero non so che altra parola usare) della Gialappa's Band "Un uomo, un perchè" che era tra le mie preferite in quel programma cult "Mai dire gol", che negli anni d'oro della televisione commerciale (metà-fine anni '90) ci ha regalato indimenticabili perle della comicità come Carcarlo Pravettoni, Rolando, 

Eh no, non quel Rolando li.. Tra l'altro, non è un viso poligonale di FIFA 15, ma la foto della sua vera faccia. Ci manchi, o meglio, manchi alla difesa dell'Inter, diciamocelo
Caccamo, Micio (dai, ascolta un cretino), i tre sardi, Fabius, Guastaldo Della Radica (AH!!! LA TAUROMACHIA!!!) solo per citarne alcuni, ed è stato rampa di lancio per tantissimi comici che proprio grazie a questo programma si sono fatti conoscere e la cui carriera è solida e invidiabile (Crozza, De Luigi, Ugo Dighero, Simona Ventura, Lucia Ocone e tantissimi altri).

In quella rubrica venivano allegramente presi in giro personaggi del mondo del calcio e giornalisti che avevano difficoltà a comporre una frase di senso compiuto, sono rimaste mitiche le performance di Alberto Tomba con la lingua italiana. Questo però non gli ha negato il ruolo di protagonista nel successo di critica e pubblico "Alex L'Ariete", dove il campione di sci, dopo avere picchiato dei giornalisti, tirato una coppa del mondo contro un fotografo, avere investito qualunque cosa (tutte cose successe realmente, non nel film) beh trova anche il tempo di recitare la parte di un carabiniere scemo e incapace, mettendosi in ridicolo in ogni scena. Complimenti Albertone.

Ecco il film che REALMENTE stava guardando Alex. Poverino.
Bene torniamo all'argomento del post.
Esistono alcuni videogiochi che veramente ci fanno sorgere delle domande, del tipo "ma cos'è questa roba?", oppure "che senso ha?" oppure semplicemente, "ma perchè?", e non sono casi isolati, anzi sembra che il mondo dell'arte videoludica riesca a scatenare le più recondite e incomprensibili (e a volte perverse) fantasie dell'animo umano, concretizzando sullo schermo impulsi sessuali squallidi e maschilisti (vedi Custer's Revenge), bizzarri esperimenti sociali (vedi Seaman), o giochi musicali dalla trama fantascientifica (vedi Space Channel 5), giusto per citare qualcuno di questi prodotti che spesso con i videogiochi in senso stretto hanno poco a che fare.



Ok, ora in teoria si potrebbe aprire un discorso immenso sui giochi inutilmente violenti (Manhunt) o che offendono il senso del pudore (Rapelay) , o quelli eticamente non tollerabili (The Columbine Massacre), ma non è questo il senso della rubrica che nasce oggi.

I giochi di cui parlerò sono semplicemente strani, strambi, bizzarri; gli inglesi hanno una bellissima parola, "weird", che rende bene l'idea perchè comprende nella definizione di "strano" o "inusuale" anche l'aspetto misterioso, soprannaturale, inspiegabile, elementi di significato che nelle nostre parole non sono considerati

Ecco, questo è un tipico esempio di una cosa "weird" (ho semplicemente cercato weird su google immagini). Le parole italiane non bastano: "strano" è troppo generico, "strambo" è troppo colloquiale e di solito riferito a una persona, e "bizzarro" è troppo leggero come termine. Un uomo con la testa nel petto è "weird", un tizio vestito tutto di giallo è "bizzaro", non so se ho reso l'idea 

Tra l'altro questa strana (va beh, usiamo strana, accontentiamoci) foto mi permette di collegarmi direttamente con il protagonista della prima puntata di "Un gioco, un perchè", ovvero DeCap Attack, un gioco sostanzialmente platform pubblicato nel 1990 in Giappone esclusivamente per Sega Mega Drive e un anno dopo in Europa e Stati Uniti, a cui ho dedicato moltissimo tempo della mia adolescenza elettronica; ecco una bel disegno del nostro alter ego sullo schermo:

Ecco il nostro amico Chuck D. Head, una mummia con la testa nel petto e un teschio vivente in mano.
Magari qualcuno di voi si starà chiedendo per quale strana ragione avessi questo gioco, la risposta è "non ne ho idea", non ricordo per quale motivo lo avessi chiesto come regalo, probabilmente mi piaceva l'immagine della copertina della cartuccia, e come darmi torto? è fantastica!


E questo è strano, perchè in genere ho una buona memoria per i videogiochi, mi ricordo benissimo che mio zio mi regalò Chuck Rock (fantastica la colonna sonora), l'altro mio zio Super Monaco GP, mio padre Columns, era abbastanza facile farmi i regali di Natale, bastava comprarmi un videogioco.
Non che adesso le cose siano cambiate molto sinceramente, continuo a chiedere giochi, magari in limited edition, con qualche bella statuetta dentro..

Ma torniamo a DeCap Attack: non era solo un gioco fatto strano, ma anche nato strano: si perchè era la versione "alla occidentale" di un altro gioco per Sega Mega Drive, "Magical Hat Flying Turbo Adventure", pubblicato solamente in Giappone e per il mercato interno, quindi mai arrivato in Europa o in America.

Certo che si scoprono delle storie fantastiche sui videogiochi, anche su quelli semi sconosciuti, state a sentire:
praticamente i nippon (come li chiamerebbe Wild Bill Kelso) avevano fatto questo gioco, chiamato "Magical Hat No Buttobi Tabo! Daiboken" basandosi sulla serie dei cartoni "Magical Hat", trasmessa in Giappone tra la fine degli anni '80 e i primi anni '90, e che vedevano come protagonista un ragazzino chiamato appunto "Hat", vestito come un artista circense con un turbante e - non si sa per quale motivo - una stella di David sul petto, che sconfiggeva i nemici con pugni e lanciando UOVA. (..)


Quindi era perfettamente plausibile che ci fosse un gioco tratto da un cartone animato, infatti ne riproponeva le stesse ambientazioni, gli stessi personaggi, insomma era una cosetta carina, simpatica, colorata, come si vede dalle immagini sotto:


Il circense Hat lancia un uovo - probabilmente di struzzo, viste le dimensioni - contro strani mostri blu che si cappottano una volta colpiti. Per quanto riguarda la foto sopra, massì, facciamo che buttarci dentro anche due Moai dell'isola di Pasqua che fanno sempre festa, tanto siamo in un videogioco

Magical Hat Flying Turbo Adventure ha avuto un ottimo successo in patria, grazie alla bellissima grafica colorata, vivace e allegra (che verrà poi ripresa in Sonic, alcuni anni più tardi), al  gameplay immediato e ad alcune interessanti novità, come lo sviluppo in verticale di certi livelli, la presenza di vari power-up da raccogliere per diventare invincibili, correre più velocemente, o saltare più in alto.
Il protagonista aveva due attacchi, uno corpo a corpo e l'altro a distanza - con l'uovo di struzzo - il che rendeva l'approccio con i vari nemici più complesso, senza contare che l'uovo contava come "vita supplementare" (un pò come l'armatura di Aarthur in Ghouls 'n Ghost) essendo Hat di salute molto cagionevole, un colpo ed era stecchito.

La SEGA quindi decise di esportare il prodotto anche nel resto del mondo, ma c'era il problema della licenza, che non era stata ottenuta, a mio modestissimo parere per uno di questi due motivi:
1) costava troppo
2) a nessun europeo o americano fregava una mazza di un cartone animato giapponese con un saltimbanco da circo che lancia uova e deve salvare il mondo.
Propendo decisamente per la seconda ipotesi, che comunque non posso verificare, quindi amen: resta il fatto che per evitare una causa in tribunale il gioco doveva essere modificato, e saggiamente venne deciso di mantenere il gameplay intatto ma di cambiare il protagonista e le ambientazioni, con il risultato che, beh, il gioco venne totalmente stravolto.

La storia ovviamente non si basava sulle solide fondamenta di un Anime, quindi anche quella era da riscrivere da capo: in DeCap Attack il protagonista Chuck D. Head non era più un ragazzino ma una mummia vivente creata dallo scienziato pazzo Frank N Stein (che originalità) per salvare il mondo dal cattivone di turno Max D Cap (evidentemente tutti i nomi dovevano avere una lettera in mezzo), che era tornato dall'oltretomba per conquistare il mondo, composto da 7 isole a forma di organi umani.
Ignoti ancora oggi sono i motivi che hanno spinto il professore a mettere la testa della mummia (estensibile, per giunta) dentro il petto del povero Chuck, e per quale motivo finendo un livello i pezzi dell'isola si ricompongono a formare un corpo umano. Mah.


Gioco allegro, non c'è che dire. Evidentemente nel mondo di DeCap Attack ci sono - da qualche parte nell'oceano - sette isole a forma di pezzi di corpo umano: un teschio che sembra un Grigio, due gambe dai colori improbabili, un braccio con braccialetto stiloso, un cuore talmente grande che fuoriesce dal petto e un .. braccio..?? a forma di scudo con un trifoglio all'interno.

Nella sostanza i due giochi sono uguali, ma la forma cambia radicalmente: la grafica, il sonoro, i personaggi e i nemici non solo sono diversi, ma hanno anche un tono e una caratterizzazione profondamente differente, e ciò lo si capisce già solo dall'introduzione, con la macabra mappa degli organi che si dividono al suono di una cacofonica musica tetra.

Non rimane nulla del mondo colorato, innocente e simpatico di Magic Hat, che viene rimpiazzato da un ambiente di gioco tetro, opprimente, dai toni scuri e direi deprimenti, basta guardare la foto sotto, anzi fatemi un favore, andate un pò sopra e prendete la prima immagine di Magic Hat


Le ho scelte apposta perchè sostanzialmente sono identiche: così iniziano entrambi i giochi, con un cartello indicante il livello e le statuette a sinistra, con un muro che indica chiaramente la direzione da intraprendere, ma se facciamo attenzione notiamo che ogni singolo elemento dell'ambiente è stato modificato in qualcosa di lugubre:
il cielo azzurro terso con bianche nuvole qua e la è stato rimpiazzato da un plumbeo cielo blu scuro ammantato di nuvole nere;
Le palme colorate e allegre sono state rimpiazzate da alberi spogli con teschi su ogni ramo;
I simpatici Moai sono stati rimpiazzati da inquietanti statuette tipo Inca, con occhi sgranati e dentatura sguainata;
inoltre, è sparita ogni traccia della rigogliosa e verde vegetazione, rimpiazzata da un intrico putrescente di piante marce, e addirittura - proprio per non farsi mancare niente - il cartello con l'indicazione del livello è interamente fatto di teschi e OSSA DI MORTI, al posto del bambù.

E poi c'è lui, Chuck, il fantastico Chuck, un protagonista azzeccato sul quale è stato costruito un intero gioco, e che ha spalle sufficientemente grandi per reggere il peso di una ambientazione poco -o per nulla- in linea con i classici platform per ragazzini dei primi anni '90: con i suoi occhi spiritati che spuntano dal petto tra le bende, la sua corsa sgraziata e i suoi salti con il busto in avanti come un saltatore in lungo, lui è il cuore e l'anima di DeCap Attack: è incredibilmente espressivo e spassoso, anche quando viene colpito e strabuzza gli occhi, anche quando il teschio posato sulle sue spalle digrigna i denti mentre corriamo verso il prossimo assurdo nemico o scappiamo - per esempio - da un totem gigante, come nell'immagine sotto:

Chuck scappa da un totem gigante mentre tira il teschio verso un incrocio tra un uomo delle caverne, un lupo e Spinter delle tartarughe ninja; sullo sfondo una palma fatta di teschi e OSSA UMANE ma - incredibilmente - rigogliosa, e delle nuvole trasparenti. Viva la fantasia.
Le idee quindi c'erano tutte, infatti non si è semplicemente cambiato i colori e i nemici, ma a ben vedere è stato creato un intero mondo coerente con il protagonista: se comandiamo una mummia senza testa, è perfettamente plausibile che ci siano mucchi di ossa ovunque, fantasmi e cervelli volanti, pesci-scheletro e rane che brandiscono martelli. Il tutto mischiato e centrifugato in salsa Inca/Atzeca/Messicana, con questa fissa dei teschi, degli scheletri e dei vulcani, presenti in quantità.

DeCap Attack era inoltre un gioco molto lungo, vario, stimolante, con tantissime ambientazioni diverse e boss di fine livello alla fine di ogni isola, tra cui una talpa gigante, una rana, una specie di gladiatore verde, e così via; era davvero divertente saltare sui nemici (Mario aveva ragione), tirargli addosso il teschio boomerang, volteggiare nel cielo, lanciarsi nel vuoto con pali rossi elastici, nuotare nelle profondità e vedere la propria testa fuoriuscire dal petto con quei fortissimi occhi strabuzzati.

Proprio per questi motivi, DeCap Attack è stato un buon successo di vendite e di critica; sebbene non fosse piaciuto a tutti il "riadattamento" forzato, effettivamente la nuova ambientazione era in linea con i gusti del pubblico europeo e americano, generalmente più attratto dalle tematiche "serie" horror e fantascientifiche rispetto a quello nipponico, che invece preferisce giochi estremamente colorati, con protagonisti di solito ragazzini o ragazzine, prodotti insomma più ingenui, semplici, edificanti.

Ultima curiosità: in Inghilterra ha avuto molto seguito in fumetto tratto dal gioco DeCap Attack, pubblicato sulla rivista per giovani "Sonic The Comic" (era la rivista di fumetti ufficiale della SEGA, un tie-in utile per pubblicizzare i giochi e aumentare le vendite) per diversi anni: tali strisce raccontavano la vita quotidiana di Chuck, con un classico humor surreale inglese che fa molto Monty Phyton, alle prese con l'antagonista Igor e il professore pazzo Frank N. Stein, che si scopre essere di Cardiff

Curioso, davvero curioso: da un cartone animato hanno tratto un gioco in Giappone, che una volta arrivato in Europa è diventato un gioco diverso, dal quale è stato poi tratto un fumetto. 
Beh concludo qui la prima puntata di "Un gioco, un perchè", riflettendo sul fatto che se non avessi scritto questo post non avrei mai saputo per quale motivo DeCap Attack fosse un gioco così strambo.

Forte, la storia dei videogiochi.

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